Le difficoltà scolastiche come segno dell'evoluzione umana
- Mateja Nanut
- 10 feb
- Tempo di lettura: 2 min
N.B. Questi sono solo pensieri e ipotesi: una visione che si inserisce in un dibattito più ampio, ancora privo di riscontri scientifici definitivi, ma che apre sicuramente a nuove riflessioni sul futuro dell’educazione.
Vi siete mai chiesti perché sempre più bambini vengono etichettati come "in difficoltà" o diagnosticati con disturbi specifici dell’apprendimento? Sedetevi per un momento e riflettete: potrebbe essere che ciò che definiamo difficoltà non sia un difetto, ma piuttosto il segno di un’evoluzione naturale del cervello umano?
Nel dibattito sull’istruzione, spesso le difficoltà scolastiche e i disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) vengono interpretati come difetti o malfunzionamenti. Tuttavia, un’analisi più profonda ci porta a considerare queste differenze come il naturale prodotto dell’evoluzione della specie umana. In altre parole, le “difficoltà” che osserviamo a scuola potrebbero essere il risultato di un cervello umano che si è evoluto e adattato a condizioni e ambienti molto diversi da quelli imposti dal sistema educativo tradizionale.
Il cervello umano è il risultato di milioni di anni di evoluzione. Durante questo lungo percorso, la nostra specie ha sviluppato una notevole varietà di modi per affrontare il mondo e risolvere problemi. Le differenze individuali nelle abilità cognitive sono parte integrante di questo processo evolutivo. Ciò che oggi definiamo “difficoltà” o “disturbi” potrebbe, in realtà, rappresentare varianti naturali di un cervello in continua evoluzione, che si adatta e specializza in base alle esigenze ambientali.
Il modello scolastico tradizionale è basato su modelli antichi; si fonda su abilità specifiche come la lettura, la scrittura e il calcolo. Queste competenze, sebbene fondamentali, rappresentano solo una parte del vasto repertorio delle potenzialità cognitive umane. Quando un bambino non eccelle in queste aree, viene spesso etichettato come “in difficoltà” o diagnosticato con un disturbo specifico dell’apprendimento. Tuttavia, questa interpretazione non tiene conto del fatto che il nostro cervello ha sviluppato altri tipi di intelligenza e abilità, come il pensiero creativo, il problem solving e la capacità di adattarsi a situazioni nuove.
Adottando una prospettiva darwiniana, possiamo vedere la variabilità cognitiva come un elemento essenziale dell’evoluzione. La diversità nei modi di apprendere e di pensare permette alla nostra specie di affrontare ambienti in continuo cambiamento. In contesti diversi, ciò che può apparire come una difficoltà in un sistema educativo standard può rivelarsi un punto di forza in altre situazioni. Per esempio, in un mondo in cui la tecnologia svolge compiti ripetitivi, la capacità di pensare in modo critico e creativo diventa sempre più preziosa. Invece di cercare di correggere queste differenze, potrebbe essere più utile riconoscerle come forme alternative di intelligenza, capaci di contribuire in maniera significativa alla società, soprattutto in un’epoca in cui le esigenze lavorative e sociali stanno cambiando rapidamente.

Il sistema educativo attuale, basato su modelli che privilegiano certe competenze, rischia di non valorizzare l’intera gamma delle potenzialità cognitive. Riconoscere la diversità evolutiva come risorsa ci può portare a ripensare metodi di insegnamento più inclusivi, che valorizzino tutte le forme di intelligenza e preparino meglio gli individui alle sfide di un mondo in costante mutamento.
Adottare questa visione significa non solo comprendere che ogni cervello è unico, ma anche trasformare il modo in cui concepiamo l’istruzione, per favorire una crescita che rispetti e valorizzi la naturale evoluzione della specie umana.



Commenti