Oltre la pedagogia “dolce”: guida, non compiacenza
- Mateja Nanut
- 17 apr
- Tempo di lettura: 1 min
Sempre più genitori si rivolgono a professionisti dell’educazione raccontando situazioni di fatica estrema: bambini che comandano, crisi quotidiane ingestibili, difficoltà a farsi ascoltare. In molti casi, queste dinamiche sono il frutto di un fraintendimento profondo della cosiddetta “disciplina dolce”.
I principi su cui si fonda – ascolto, rispetto, empatia, vicinanza, libertà – sono sani e condivisibili. Tuttavia, quando vengono applicati in modo distorto, generano effetti controproducenti. L’ascolto si trasforma in delega decisionale al bambino. La vicinanza diventa annullamento dell’adulto. La libertà si traduce in assenza di guida e limiti.
Il risultato? Bambini che non tollerano la frustrazione, richiedono costante attenzione, faticano a stare senza l’adulto e non riconoscono la figura dell’adulto come guida sicura. Crescono in un sistema privo di confini, dove ogni emozione viene legittimata al punto da giustificare qualsiasi comportamento, anche quelli irrispettosi o distruttivi.

La soluzione non è tornare all’autoritarismo, ma costruire un modello educativo basato su un equilibrio tra empatia e autorevolezza. I bambini hanno bisogno di sentirsi ascoltati, ma anche guidati. Di poter esprimere rabbia e tristezza, ma anche di imparare che esistono modi adeguati per farlo. Di sapere che gli adulti decidono, non per dominare, ma per proteggerli e sostenerli nella crescita.
Essere un punto fermo, capace di contenere e orientare, è il vero regalo che possiamo fare ai bambini. Non lasciarli soli davanti al peso di dover scegliere e guidare, ma prenderci la responsabilità, con amore, del nostro ruolo educativo.



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