Un mondo senza DSA: possibile o utopia?
- Mateja Nanut
- 13 nov 2024
- Tempo di lettura: 3 min
L'idea di un mondo senza disturbi specifici dell'apprendimento (DSA) solleva molteplici interrogativi: è una realtà raggiungibile o solo un’utopia? Secondo la dottoressa Tiziana Cristofari, pedagogista e studiosa del tema, non solo è possibile, ma l’obiettivo di ridurre o addirittura eliminare i DSA potrebbe diventare realtà, se solo si intervenisse sui metodi educativi e sulle pratiche pedagogiche attuali.
Nel libro Bambini senza DSA: una realtà possibile!, in un’immaginaria conversazione, un genitore preoccupato per le difficoltà di apprendimento della figlia si interroga: è davvero necessario etichettare la bambina come dislessica o discalculica, o esistono alternative per aiutarla? Secondo la Cristofari, dietro molti casi di DSA non ci sarebbero necessariamente cause genetiche o neurobiologiche, ma piuttosto una mancanza di strumenti educativi e pedagogici adeguati. Riprendendo le teorie di figure illustri come Vygotskij, Gardner e altri studiosi, Cristofari ci invita a considerare che, anziché trattare la categoria dei DSA come una patologia, occorrerebbe ripensare la formazione scolastica in modo che ogni bambino possa sviluppare il proprio potenziale senza incorrere in ostacoli “artificiali” imposti dal sistema. Secondo questa teoria, una pedagogia scolastica più completa e una maggiore attenzione ai processi di apprendimento potrebbero ridurre i sintomi comunemente associati ai DSA, senza la necessità di un’etichettatura diagnostica. La sfida sta proprio nell’adottare approcci che, anziché “dispensare o compensare”, valorizzino le capacità individuali e che formino insegnanti in grado di riconoscere e rispondere alle differenze di apprendimento.
Diagnosi o etichettatura?
Il termine "diagnosi" deriva dal greco antico diagnōsis, che significa “comprendere attraverso la conoscenza”. Tuttavia, applicare il concetto di “diagnosi” ai Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) è controverso. I DSA non sono malattie o patologie mediche e non implicano un danno biologico, quindi parlare di "diagnosi" rischia di creare confusione. Nella medicina, infatti, una diagnosi identifica una malattia o una disfunzione biologica; nel caso dei DSA, invece, si tratta di diversità cognitive e modalità di apprendimento che variano tra le persone.
Oltre alla terminologia, c'è una questione più profonda: il crescente numero di diagnosi di DSA è in parte dovuto alla consapevolezza e all’attenzione verso queste differenze cognitive, ma alcuni critici ritengono che dietro questa esplosione di “diagnosi” possa esserci anche un aumento della domanda di supporto psicologico, con l’effetto collaterale di incrementare la richiesta di interventi specializzati e la presenza di figure professionali come psicologi e logopedisti. Alcuni si chiedono se, in questa corsa alla diagnosi, non vi sia anche un meccanismo che risponda alle esigenze lavorative di queste categorie professionali.
L’aumento dei casi di DSA
I dati recenti evidenziano un incremento esponenziale nei casi di DSA: in Italia, negli ultimi undici anni, la percentuale di studenti con DSA è passata dallo 0,9% al 5,4%, registrando un incremento di circa il 500%. Il fenomeno è stato evidenziato da studiosi come Pierluigi Zoccolotti, professore di psicologia generale, il quale si chiede se questo incremento sia dovuto a fattori ambientali, come il crescente uso della tecnologia, o a un mutamento delle aspettative educative.
La Cristofari solleva una domanda importante a riguardo: è giusto etichettare con DSA una percentuale crescente di studenti o non sarebbe meglio cambiare il nostro modo di fare scuola? Se l’attuale sistema educativo standardizzato crea difficoltà a un numero sempre maggiore di bambini, forse sarebbe più sensato adattare la scuola alle esigenze e alle caratteristiche cognitive dei giovani di oggi, piuttosto che cercare di adattare i giovani a un modello educativo statico.
La strada verso un mondo senza DSA
Un mondo senza DSA non richiede necessariamente l’eliminazione delle differenze cognitive, ma piuttosto un sistema scolastico in grado di valorizzare queste differenze. L’obiettivo della dottoressa Cristofari non è eliminare le caratteristiche individuali di apprendimento, ma creare una scuola capace di riconoscerle e supportarle senza bisogno di etichette o “diagnosi”. Con un approccio inclusivo e pedagogicamente avanzato, molti degli ostacoli che oggi sono alla base delle diagnosi di DSA potrebbero scomparire, dando vita a un mondo in cui le difficoltà di apprendimento non siano viste come disturbi, ma come naturali differenze cognitive.
In conclusione, un mondo senza DSA potrebbe non essere un'utopia, ma una realtà possibile. Occorrerebbe un cambiamento profondo nell'approccio educativo e una valorizzazione delle scienze pedagogiche che, invece di etichettare, riconoscano e accolgano la diversità di ciascun bambino.

Bambini senza DSA: una realtà possibile! Come nascono, si superano e si prevengono i disturbi specifici dell'apprendimento di Tiziana Cristofari



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